martedì 5 luglio 2011

Fino all’ultimo centesimo

Questa volta voglio parlare di un argomento più “leggero”: i videogiochi.
Questa forma d’intrattenimento, specialmente dopo l’uscita della Nintendo Wii, sta conoscendo un’espansione senza precedenti, tant’è vero che i ricavati in questo settore cominciano ad essere paragonabili a quelli del mondo del cinema.
Tuttavia, mentre un biglietto del cinema costa mediamente 7€ e un film in blu-ray poco più di 20€, un videogame arriva a costare la “modica” cifra di 70€ per console e 50€ per PC (i cabinati oramai sono fuori mercato). A parte un generale aumento negli ultimi anni, i prezzi dei videogame sono sempre stati elevati. Questo perché i videogiochi erano un prodotto quasi “di nicchia”, nonostante il loro sviluppo comporti costi piuttosto elevati ed un cospicuo numero di programmatori;  l’elevato prezzo doveva quindi giustificare i costi di produzione per far quadrare i ricavi.

L'evoluzione dei contenuti a pagamento


Oggi tuttavia non è più così, ovvero, i costi per lo sviluppo sono sempre elevati (anzi aumentati) certo, ma è anche vero che è aumentata di molto l’utenza. Mentre i prezzi dell’hardware decrescono sempre di più (10 anni fa per comprare un PC performante occorrevano 2-3000€, oggi bastano meno di 1000€, come anche sono calati i prezzi delle console), i prezzi del software sono rimasti più o meno costanti, anzi come dicevo c’è stato anche un leggero incremento.
Non ci vuole un genio per capire che le case di distribuzione hanno approfittato di questa “espansione” del mercato per cercare di trarre più profitto possibile (l’unico vero obiettivo delle aziende).
Cosa fare dunque? Aumentare i prezzi?
No, la cosa non sarebbe stata fattibile a causa dei costi già elevati. Portare un gioco a 100€ sarebbe stata una mossa veramente pericolosa. Limitandosi a mantenere i prezzi alti, nonostante i maggiori ricavi potrebbero benissimo permettergli di portarli ai livelli dei DVD o dei blu-ray, si sono inventati la macchina da soldi più spietata che il giovane mondo dei videogiochi abbia mai conosciuto: i DLC.
I DLC (Downloadable Content), per chi non lo sapesse, sono dei contenuti aggiuntivi scaricabili a pagamento da internet che…aggiungono qualcosa al gioco. In realtà qualcuno li potrebbe vedere come un “pezzo” di un’espansione, che sono sempre esistite, ma qui si sta parlando di singoli livelli, mappe per il multiplayer e cazzatine varie tipo vestiti per il personaggio, armi e robe del genere. Tutte cose che gli sviluppatori, se avessero un po’ di RISPETTO per i loro clienti, dovrebbero rendere GRATUITE , per compensare le longevità ridotte all’osso e della scarsa qualità in generale dei giochi che vendono (a caro prezzo).

Speculazione o no, molte persone non si fanno tante domande

Ma la gallina alle uova d’oro è in realtà il multiplayer. Microsoft già nel lontano 2002 fiutò l’affare, introducendo Xbox Live, un servizio che rendeva possibile il multiplayer sulla prima console Microsoft (la Xbox) a PAGAMENTO. Nonostante l’analogo servizio offerto dalla Sony con la sua Play Station 2 fosse gratuito, Xbox Live ebbe più successo, probabilmente grazie alla maggiore qualità e organizzazione del servizio.
Nessuno, tantomeno io, mette in discussione la qualità di Xbox Live (qualità confermata anche con Xbox 360), ma è giusto far pagare il gioco online? Molti potrebbero dire che si paga l’elevata qualità, non sempre riscontrabile nei servizi gratuiti. Personalmente ritengo si tratti di una spesa extra ingiustificata, dal momento che i videogiochi hanno già un prezzo elevato e i costi per mantenere alto il livello di servizio sono ampiamente recuperati dagli introiti derivanti dalla vendita dei giochi.
Come se i DLC, i prezzi elevati e l’online a pagamento non bastassero, le case produttrici e gli sviluppatori, vogliono (giustamente) anche elevati volumi di vendita. Un titolo però non vende all’infinito, e le idee per nuovi giochi non vengono con la stessa velocità con cui il produttore si aspetta di vendere. Il problema è stato facilmente risolto “copiando” al mondo del cinema: i sequel!



Activision ha intenzione di portare avanti ancora per molto il brand CoD, l'obiettivo è raggiungere lo stesso numero di puntate di Beautiful

Finite le idee? No problem, facciamo un altro gioco, molto simile ma cambiamo qualcosina e ci mettiamo un 2, poi un 3, un 4 e così via. Ecco che quindi spendiamo 70 sudati euro per roba come Call of Duty 7, Pro Evolution Soccer 11 (11 non è l’anno), Final Fantasy 13 e chi ne ha più ne metta; senza considerare poi la marea di spin-off che ruotano attorno ai vari brand, nonché i porting su ogni piattaforma esistente, anche se il gioco non è proprio adatto per girare ovunque.

Devo ammetterlo, non è stato tanto un intervento di considerazioni ma piuttosto una critica. Mi crea una certa amarezza però pensare che una forma d’intrattenimento che fino a poco tempo fa si poteva considerare quasi “arte” è diventata nient’altro che una macchina da soldi. Il videogioco è arte? Se un tempo ci si poteva porre questa domanda, oggi non più, perché non è mai stato più lontano di così dall’esserlo.

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