giovedì 14 luglio 2011

Che fine ha fatto il WiMAX?

In fatto che molti neanche sanno cosa sia, dimostra ancora di più il fatto che il WiMAX nel nostro paese non è mai partito, nonostante le aste (con le relative concessioni) siano terminate dal 2008.

L’Italia è indietro, anzi, molto indietro per quanto riguarda la diffusione della banda larga. Siamo tra gli ultimi d’Europa e perfino la Libia, dove c’è stato un regime fino a poco fa e tutt’ora c’è una guerra, ci supera. Il WiMAX è uno standard approvato da IEEE (l’ente che si occupa di approvare standard in ambito di telecomunicazioni) nel 2001, e consiste nell’utilizzare frequenze radio, appartenenti sia alla banda “libera” (quella utilizzata per il wifi domestico) sia a frequenze su concessione, per diffondere la banda larga in maniera wireless, senza quindi dover aspettare che il gestore di rete fissa decida di estendere la banda larga su doppino telefonico anche in aree non coperte.

Il logo del WiMAX: provate a chiedere a qualcuno se l'ha mai visto o sentito nominare

Nel nostro paese la norma prevede l’utilizzo di questa tecnologia nella banda 3,4-3,6 GHz, ovvero frequenze su concessione. È stato quindi necessario eseguire un’asta pubblica per la concessione delle frequenze nelle varie regioni.
Sarebbe bello poter dire: “L’asta ha avuto luogo in contemporanea agli altri paesi d’Europa, è stata impedita la partecipazione alle aziende che forniscono medesimi servizi (per favorire la concorrenza) e oggigiorno abbiamo un mercato composto da molte aziende, non più un oligopolio, e la banda larga è oramai diffusa sulla maggior parte del territorio”…

…ma purtroppo tutto ciò non è affatto vero. Innanzitutto l’asta è avvenuta con un discreto ritardo rispetto a tutta Europa a causa della precedente assegnazione delle frequenze al Ministero della Difesa che ha fatto un po’ da intermediario. Successivamente è avvenuta l’asta, ma non è stata in alcun modo impedita la partecipazione di operatori telefonici già esistenti.
È nata anche una polemica su quest’ultimo punto, perché qualcuno ipotizzò che ad esempio Telecom avrebbe potuto comprare le frequenze ma non utilizzarle per il WiMAX, facendo così morire la tecnologia per evitare il nascere di qualche forma di concorrenza.


Antenna per WiMAX

A conclusione dell’asta si è raggiunto un incasso totale di 136 milioni di euro, la cifra più alta d’Europa, probabilmente a causa della partecipazione di aziende di telecomunicazioni che hanno alzato l’asticella mentre cercavano di aggiudicarsi le frequenze ed evitare così la concorrenza. Telecom si è aggiudicata diverse frequenze (che ovviamente non ha utilizzato per diffondere il WiMAX), mentre le altre aziende vincitrici non sono riuscite a raggiungere una certa copertura minima imposta dal regolamento (copertura che doveva essere raggiunta nell’arco di 24 mesi).

Il vero colpo di grazia però è stato inflitto dai gestori mobile, quindi Vodafone, Wind, TIM e H3G, con le famigerate chiavette internet! In particolare 3 Italia, nel lontano 2000, vinse la gara relativa all’assegnazione della licenza UMTS e nel 2003 lanciò i suoi primi telefoni capaci di effettuare le videochiamate, sfruttando la maggiore velocità offerta dall’UMTS.
Ma alla gente non interessano le videochiamate, la gente vuole internet e vuole navigare ovunque. Quando i gestori lo capirono era troppo tardi, il WiMAX era cosa già approvata e l’asta era imminente: bisognava fermarlo!

La soluzione a questo problema erano appunto le chiavette HSPA.
Il fatto che la rete era già pronta per offrire questo servizio, i terminali erano già largamente diffusi grazie a offerte del tipo “cellulare a 0 euro” (ma con vincoli contrattuali di 2 anni) e grazie ai pressanti bombardamenti pubblicitari, le chiavette distrussero definitivamente il WiMAX, che già faticava a partire per motivi suoi.


Chiavette internet HSPA: anche loro meritano un certo design, che scherziamo!
Oggi se si vuole navigare ovunque bisogna sottoscrivere un abbonamento mensile con qualche gestore mobile, gestori che non si fanno scrupoli a tenere prezzi altissimi e a far sottoscrivere abbonamenti vincolanti con relative penali, eventualmente un utente decidesse di cambiare.
La diffusione della banda larga su tutto il territorio e la possibilità di accesso ad internet ovunque a prezzi accessibili (oppure gratuitamente), restano ancora sogni lontani dall’avverarsi. La produttività potrebbe aumentare considerevolmente grazie ad internet, ma evidentemente non è nell’interesse dei soggetti che manovrano il nostro mercato.

Con lo switch-off della TV analogica si libereranno tantissime frequenze, vediamo ora cosa faranno o, più plausibilmente, NON faranno per sfruttarle a favore della banda larga.

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